
Tra i prossimi passi potrebbe esserci anche l’apertura in Vaticano di un’ambasciata dello Stato di Palestina, come aveva annunciato nei mesi scorsi il ministro degli Esteri palestinese, Riyad al-Maliki. Una prospettiva che però potrebbe creare nuove tensioni con Israele, che ha criticato con durezza il riconoscimento dato, con la firma di un documento ufficiale e di valore giuridico, dalla Santa Sede allo Stato di Palestina.
Nel testo dell’accordo viene espresso “l’auspicio per una soluzione della questione palestinese e del conflitto tra israeliani e palestinesi nell’ambito della Two-State Solution”, aveva spiegato all’Osservatore Romano monsignor Antoine Camilleri, sottosegretario per i Rapporti con gli Stati, a ridosso della firma dell’intesa. Sarebbe “positivo – aveva spiegato il capo della delegazione vaticana – che l’accordo raggiunto potesse in qualche modo aiutare i palestinesi nel vedere stabilito e riconosciuto uno Stato della Palestina indipendente, sovrano e democratico che viva in pace e sicurezza con Israele e i suoi vicini, nello stesso tempo incoraggiando in qualche modo la comunità internazionale, in particolare le parti più direttamente interessate, a intraprendere un’azione più incisiva per contribuire al raggiungimento di una pace duratura e all’auspicata soluzione dei due Stati”.
La ricerca di una soluzione al conflitto nella regione è stata anche l’oggetto della preghiera del Patriarca latino di Gerusalemme, monsignor Fouad Twal, nella sua prima messa del 2016: “Nell’anno che si apre, continueremo a pregare per la pace nella nostra terra, perché gli israeliani e i palestinesi abbandonino le vie della violenza e si mettano sulla strada che conduce alla pace. Il Signore, quando sarà venuto il momento, ci accorderà pace e riconciliazione”.