Di Salvatore Santoru
Vengono chiamati “Refusenik“, letteralmente “rifiutati”.
Sono i disertori israeliani, gli obiettori di coscienza che decidono di non prestare servizio nelle guerre dello stato ebraico, nel nome della pace e dei diritti umani.
Difatti in Israele il servizio di leva e la chiamata alle armi sono obbligatori, e sono esclusi da esso solo gli arabi israeliani, gli ebrei ultraortodossi che devono studiare teologia e gli individui con disagi psichici e fisici.
Chi degli aventi diritto si rifiuta, rischia il carcere e l’interdizione dai pubblici uffici e viene accusato di essere un “traditore”.
Come riporta un articolo di “Eticamente: “Molti dei refusenik sono pacifisti. In questo caso dovranno presentarsi davanti ad una commissione che deciderà se hanno o non hanno il diritto di evitare il servizio militare. Altri scelgono di dire chiaramente che sono contro l’occupazione dei territori palestinesi. La punizione per queste persone è il carcere militare con una pena che può variare da 2 mesi a 2 anni.”
Ultimamente il 19enne Udi Segal ha deciso che è meglio scontare sei mesi nella prigione militare di “Prison Six“, piuttosto che “bombardare la Striscia”.
Inoltre, ha dichiarato al Fatto Quotidiano.it che :”Israele può continuare questa occupazione, ma non nel mio nome”.
Stando a un sondaggio del Jerusalem Post più dell’86% dei cittadini israeliani si dichiara favorevole all’operazione Protective Edge, ma d’altro canto, almeno 50 soldati dell’Israel Defense Force hanno annunciato il loro rifiuto di contribuire all’operazione.
Le loro coraggiose posizioni vanno ad aggiungersi a quelle di diversi esponenti pacifisti del paese come Uri Avnery, del movimento Gush Shalom da lui fondato,di B’Tselem,Peace Now e altri gruppi o di storici dissidenti come i Neturei Karta, gruppo di ebrei ortodossi avverso alle politiche dello stato israeliano e all’ideologia sionista.
Indubbiamente le posizioni citate rappresentano delle interessanti eccezioni che si spera vengano maggiormente conosciute e diffuse, e che servano per la costruzione di un futuro migliore e pacifico per Israele e la Palestina.