
«Il MEF ci ha spiegato che i gestori del debito pubblico rispondono “al direttore generale o al ministro”. Da quando si è firmato l’accordo-quadro con Morgan Stanley a oggi in quei posti si sono succeduti nomi eccellenti – Mario Draghi, Domenico Siniscalco, Vittorio Grilli, Giuliano Amato, Carlo Azeglio Ciampi, Giulio Tremonti, Tommaso Padoa Schioppa – ma non risulta che nessuno di loro si sia mai fatto carico delle scelte tecniche fatte nella gestione del debito. Risultato: quei 42 miliardi di potenziali perdite non hanno un singolo responsabile politico».
«Ma le risorse erano limitate e quando ci si presentava a negoziare in due o tre, dall’altra parte del tavolo si trovavano dieci banchieri assistiti da altrettanti studi legali. E noi eravamo sempre gli stessi a trattare dalla mattina alla notte inoltrata, mentre loro si alternavano mettendo sempre in campo forze fresche”. Inutile dire quanto significativo fosse lo squilibrio nei compensi di chi sedeva attorno al tavolo delle trattative. Da una parte banchieri con bonus che aumentavano a suon di milioni per ogni punto di margine di profitto aggiuntivo strappato, dall’altra funzionari dello stato con stipendi fissi e calmierati».
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Il denaro (M1-Power money) è un’infima parte della moneta circolante nel mondo |