II rapporto tra mondo universitario e apparato militare non è un fatto nuovo. Basta ricordare che all’origine delle rivolte studentesche degli anni Sessanta negli Stati Uniti vi fu la denuncia degli stretti legami tra la ricerca tecnologica di alcune università e la guerra nel Vietnam. Tuttavia, l’avvenuta trasformazione delle guerre ha portato a ridefinire e rinsaldare questo rapporto: quando la guerra perde il carattere di uno scontro tra eserciti nemici, e assume quello di un’azione permanente di polizia internazionale, diventando di fatto un’estensione brutale di pratiche di controllo e repressione tipiche della società civile, i confini tra saperi e istituzioni universitarie e saperi e istituzioni degli apparati militari diventano labili. Se la guerra è parte integrante della società capitalistica, il collegamento con l’Università assume un duplice ruolo: da un lato quello di fornire e affinare quell’insieme di conoscenze e mezzi necessari a un sistema sempre più complesso di produzione degli armamenti, dall’altro quello di contribuire alla legittimazione delle pratiche di controllo e gestione dei conflitti in un contesto di guerra permanente sia sul fronte interno che esterno.
In questo nuovo rapporto tra sapere accademico e potere militare – di cui il settore ITC (Information Technology) costituisce forse una delle espressioni più significative – un ruolo determinante assume lo sviluppo delle tecnologie high tech: indipendentemente dalle loro possibilità di utilizzo, dalla loro funzione o necessità immediata, questo tipo di sapere serve e ha degli effetti. L’insieme di questi studi non solo contribuisce all’avanzamento del campo scientifico ma, ad un livello teorico prima ancora che pratico, produce modi di vita, scelte di esistenza ed esperienza degli individui, plasmati, in prospettiva, sulle esigenze del dominio.
Per questo il dispositivo universitario va considerato non soltanto per ciò che concretamente produce in funzione disciplinare e di controllo (videsorveglianza, domotica, telerilevamento, etc.), ma anche in termini strategici, connessi ai rapporti di forze che determinano l’esistenza e lo sviluppo di specifici tipi di sapere. Perfettamente inserita nelle politiche di governance contemporanee si può dire che l’Università, nei diversi ambiti qui schematicamente riassunti, contribuisce fattivamente alla guerra, interna ed esterna. Allo stesso modo i processi di omologazione tra saperi tecnologici e apparati militari condizionano i modelli di divulgazione del sapere accademico e di gestione dell’Università.
– far credere che la società civile (si pensi al ruolo più o meno collaborazionista di varie ONG) possa riuscire ad influire positivamente sulle azioni militari (posto che anche se ciò fosse vero troverebbe il nostro completo disaccordo, ciò che avviene è proprio il contrario, cioè la progressiva influenza del militare sul civile);
– far percepire i conflitti e le guerre come fenomeni scatenati da ragioni d’incomprensione di tipo etnico e religioso (guardando le presentazioni e i piani di studio di questi corsi si nota come non si faccia mai riferimento agli interessi economica-politici in gioco);
– alimentare una vera e propria trasformazione culturale. Se all’interno del mondo accademico, come in altri ambiti, cultura militare e cultura civile convivono e per di più si contaminano reciprocamente, l’effetto è una mutazione culturale tout court, funzionale, tra l’altro, all’accettazione di quelle ricerche scientifiche che in ambito accademico sono collegate all’industria bellica. Uno sviluppo tecnologico che incrementa, sia a livello pratico che strategico, la potenza guerrafondaia, necessita di un determinato involucro sociale nel quale la cultura dell’oppressione e della repressione riesca ad annidarsi dentro di noi, «diventi principio logico, abitudine percettiva, modalità di porsi domande e del rispondersi» (Anita Raja in Postfazione a Cassandra di Christa Wolf, Edizioni e/o, 2011). La stessa divisione del lavoro su cui si basa questo involucro e che annienta la connessione visibile tra le funzioni sociali, si ripresenta anche nel mondo scientifico: «non c’è la (singola) multinazionale o la (singola) università che costruisca la nanoarma: ognuno fa la sua parte» (dichiarazione di Billy, Costa e Silvia davanti al tribunale penale federale di Bellinzona del 2011), ad ognuno spetta il proprio posto nella scala gerarchica e decisionale.
Collaborazione tra Esercito Italiano e Università: l’esercitazione Clever Ferret (2005-2010).Clever ferrete è una delle esercitazioni militari più importanti dei una forza multinazionale denominata Multinational Land Force (MLF), una brigata trinazionalie italo-sloveno-ungherese costituita su iniziativa politica e militare alla fine degli anni ’90 e ufficialmente destinata, in qualità di Battle group, alla costituzione di un futuro esercito europeo. In seguito a una convenzione tra brigata alpina “Julia” – il contingente italiano che partecipa alla MLF – e università, dal 2005 in questa esercitazione sono coinvolti studenti di Scienze Internazionali e Diplomatiche dell’università di Trieste (polo didattico di Gorizia). Agli studenti sono affidati compiti di consulenza per quanto riguarda l’analisi di aspetti politici e legali, con particolare riferimento ai rapporti con le organizzazioni internazionali. In perfetta linea con il modello israeliano, che prevede l’inserimento di esperti esterni a supporto delle forze armate durante lo svolgimento delle operazioni militari, con il 2010, e per la prima volta in ambito italiano, questi studenti universitari sono coinvolti direttamente nelle attività di esercitazione sul campo, nella prospettiva esplicitamente dichiarata di collaborazione nelle missioni internazionali.
COSMO-SkiMedNegli ultimi anni in italia si è registrato un notevole incremento di finanziamenti pubblici e privati per progetti di ricerca nel campo di telerilevamento da collegare certamente alla progettazione di COSMO-SkiMed. Si tratta di un mastodontico programma italiano di osservazione satellitare terrestre concepito per scopi duali (civili e militari), promosso dal Ministero della Ricerca e finanziato da Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e Ministero della Difesa. Questo progetto è operativo dal 2011, data di lancio dell’ultimo dei 4 satelliti interamente progettati e realizzati coinvolgendo aziende controllate da Finmeccanica, in particolare Thales Alenia Space, che si è occupata anche della realizzazione del sistema terrestre per la gestione dei dati. COSMO-SkiMed è costata finora 1.137 milioni di euro e recentemente è al centro di un’inchiesta riguardante la gestione delle infromazioni provenienti dal monitoraggio satellitare, per la parte militare ufficialmente affidata allo Stato maggiore della Difesa, ma di fatto gestita da una struttura di intelligence militare denominata RIS e svincolata dal controllore di organismi parlamentari.
Fonte:mensile anarchico Invece, n° 14 Aprile 2012
http://bruce-crossover.blogspot.it/2012/06/guerra-e-universita.html
http://ienaridensnexus.blogspot.it/2012/06/guerra-e-universita.html